DALLA II RIVOLUZIONE INDUSTRIALE AD OGGI
Il Piano Urbanistico è un modello di pianificazione dello sviluppo urbano che vede i suoi albori durante la seconda rivoluzione industriale in cui le grandi città, sempre più popolose, mutarono i loro canoni paesaggistici per fare spazio ai nuovi apparati industriali, ai quartieri residenziali per gli operai e le nuove infrastrutture che a breve seguirono; il piano serviva a regolare l'espansione e la crescita secondo criteri stabiliti e non casuali per garantire la migliore funzionalità dei vari elementi e rispondere alle esigenze di tutte le parti interessate. Inizialmente veniva chiamato Piano Regolatore in quanto definiva un insieme di regole per la costruzione e l'edificazione.
Il Piano Urbanistico è un modello di pianificazione dello sviluppo urbano che vede i suoi albori durante la seconda rivoluzione industriale in cui le grandi città, sempre più popolose, mutarono i loro canoni paesaggistici per fare spazio ai nuovi apparati industriali, ai quartieri residenziali per gli operai e le nuove infrastrutture che a breve seguirono; il piano serviva a regolare l'espansione e la crescita secondo criteri stabiliti e non casuali per garantire la migliore funzionalità dei vari elementi e rispondere alle esigenze di tutte le parti interessate. Inizialmente veniva chiamato Piano Regolatore in quanto definiva un insieme di regole per la costruzione e l'edificazione.
Oggi molte città hanno dismesso la loro vocazione industriale e hanno un'impronta economica basata maggiormente sui servizi per cui le esigenze sono mutate e con esse le sensibilità della popolazione: infatti non si parla più di espansione, ma di rigenerazione urbana; le città sono diventate un tessuto unitario separate solo da un cartello che ne delimita il confine e sono spariti gli elementi naturali e paesaggistici che una volta invece delimitavano il territorio di competenza di ogni amministrazione. In questi anni il MoVimento 5 Stelle si è spesso battuto nelle sedi preposte per far capire agli amministratori che non c'è più spazio dove costruire e soprattutto bisogna tutelare gli ultimi elementi naturali che ci sono rimasti. In questo senso quando si parla di Rigenerazione Urbana s'intende che si costruisce solamente su quello che è già costruito, cioè si recuperano i vecchi edifici dismessi e abbandonati, tutelando le aree verdi che noi riteniamo vitali per il nostro ecosistema.
LE COMPETENZE DEGLI ENTI LOCALI
Il piano urbanistico viene declinato dagli enti locali secondo le loro competenze gerarchiche, quindi ci troviamo ad avere: quello del Comune (PGT), delle Provincie (PCTP), della Città Metropolitana (PTM) e della Regione (PTR).
Ogni ente elabora un'analisi specifica del proprio territorio di competenza, corredata da una serie di tavole di urbanizzazione, con gli studi e le relazioni allegate e in funzione di tutto questo emana le norme che ritiene opportune allo sviluppo e tutela del proprio territorio.
Ogni ente locale ha alla propria guida un'amministrazione politica che compie delle scelte normative, queste vengono finalizzate da alcuni soggetti tecnici a cui compete anche la riuscita dell'attuazione delle norme.
Chi governa stabilisce gli obbiettivi strategici da perseguire sul territorio, cioè le priorità; queste vengono sancite da uno o più atti amministrativi che assumono un rilievo giuridico.
I vari progetti che una Giunta persegue devono trovare sostegno nel Consiglio che deve approvare la sua azione politica, nei cittadini che li hanno eletti e nei vari portatori d'interesse che sono chiamati in causa dai vari progetti in opera perché magari devono investire dei capitali; dunque si fa uso non solo di documenti tecnici, ma anche di immagini e rendering che prospettano l'evoluzione futura di un territorio per renderla più appetibile ai decisori e alla popolazione. Ciò che però incide maggiormente sul territorio non è solo l'aspetto paesaggistico o il tipo di fruizione che si potrà avere con la realizzazione di un progetto, ma molto più determinanti sono le Regole che vengono stabilite nel piano, le quali sono molto meno comprensibili ai più, ma che determinano lo sviluppo futuro di tutto l'ambiente circostante.
Il piano urbanistico che compete ad una amministrazione ha una durata di 5 anni, anche se può avere delle deroghe. Alle delibere di Giunta o di Consiglio segue l'attuazione operativa che inizia con l'affidamento dell'incarico ad un soggetto che deve tradurre i criteri espressi in Delibera in un elaborato tecnico il quale può durare 6 mesi o anche 1 anno. Quando il Piano è pronto esso va adottato dall'amministrazione, quindi può passare nelle relative Commissioni di competenza per essere preso in esame e poi votato dal Consiglio; nel caso in cui esso venga approvato, allora il piano attuativo viene reso noto alla cittadinanza sull'Albo Pretorio di modo che chiunque possa prenderne visione e produrre delle Osservazioni che verranno consegnate agli uffici perché le prendano in considerazione.
Il Documento di Piano (DDP) contiene gli Ambiti di Trasformazione Urbana, cioè su quali porzioni di territorio è possibile attuare delle trasformazioni.
Dopo le accettazioni di eventuali Osservazioni prodotte dai cittadini o altri soggetti, il piano viene ratificato ed è definitivamente vigente.
Principio di sussidiarietà: i vari enti locali e soggetti interessati possono interagire con pareri consultivi, ma non vige più il principio, com'era una volta, secondo il quale l'ente più grande aveva superiorità e priorità su quello più piccolo.
AZZONAMENTO
Il Comune prima di approvare un piano chiede alla Regione un parere di conformità alle norme superiori, la Provincia ne verifica la compatibilità strategica nei confronti anche dei Comuni circostanti, altri soggetti esprimono competenze tecniche: Arpa per questioni ambientali, ATS per questioni sanitarie, altri soggetti per le questioni trasportistiche, idrogeologiche, eccetera.
AZZONAMENTO
Le mappe vengono rappresentate con criteri di azzonamento, ovvero ogni zona viene caratterizzata con un colore diverso ad indicare la funzione a cui è destinata. In questo modo si dovrebbe tendere a valorizzare il suolo, purtroppo spesso si persegue esclusivamente la valorizzazione economica del territorio.
Le zone che ritroviamo sulle tavole possono essere: il centro storico, quartieri residenziali, aree verdi, aree artigianali, siti industriali; è importante marcare la suddivisione tra questi differenti settori in quanto possono sorgere esigenze di mobilità molto diverse anche tra aree limitrofe.
Le zone che ritroviamo sulle tavole possono essere: il centro storico, quartieri residenziali, aree verdi, aree artigianali, siti industriali; è importante marcare la suddivisione tra questi differenti settori in quanto possono sorgere esigenze di mobilità molto diverse anche tra aree limitrofe.
L'amministrazione nel DDP riconosce ad ogni zona una specifica vocazione, ovvero la funzione a cui una zona è chiamata: può essere una vocazione tradizionalmente riconosciuta o anche una vocazione a cui si vorrebbe aspirare in futuro.
Legge nr. 12 dell'11 marzo 2005 di Regione Lombardia: NORME PAESAGGISTICHE ED URBANISTICHE
- Documento di piano: analisi e strategie, vincoli territoriali, assetto idrogeologico, crescita, sviluppo, recupero e conservazione del territorio
- Piano dei servizi: Servizi per gli attuali residenti e previsione di variazioni demografiche (nuovi residenti, famiglie, aziende, uffici, studenti, pendolari, ecc..)
- Piano delle regole: contiene le norme di edificazione per ogni tipo di zona, i diversi livenni di tassazione che insistono sul territorio e la cosiddetta carta sul consumo di suolo (La legge 31 ha introdotto questo elemento interessante sul controllo del consumo di suolo); definire le regole è un'operazione molto delicata in quanto le regole possono agevolare alcuni soggetti e svantaggiarne altri.
A questi documenti si aggiunge la relazione sulla VAS per valutare l'impatto ambientale che i piani hanno sul territorio in esame.
Legge regionale 31 del 2014 - CONTROLLO DEL CONSUMO DEL TERRITORIO
Il MoVimento 5 Stelle ha partecipato ai lavori di stesura di questa legge ed è riuscito a far introdurre il principio di ottemperare nei prossimi anni ad una riduzione progressiva del consumo di suolo da parte delle amministrazioni, rinunciando a cementificare nuove porzioni di territorio, ma riutilizzando il costruito che già abbiamo ed oggi è abbandonato.
Prevede che i Comuni non possano incassare oltre il 60% degli oneri di urbanizzazione ed entro il 2020 dovranno tagliare il 20% delle loro previsioni di crescita edilizia dai rispettivi documenti di piano.
Viene indicato un parametro che si chiama bilancio ecologico che però può essere usato in malo modo dai Comuni per giustificare delle cementificazioni inopportune.
La legge 31 si occupa del consumo di suolo, ma non parla del sottosuolo che invece viene sfruttato ampiamente dai costruttori.
Viene indicato un parametro che si chiama bilancio ecologico che però può essere usato in malo modo dai Comuni per giustificare delle cementificazioni inopportune.
La legge 31 si occupa del consumo di suolo, ma non parla del sottosuolo che invece viene sfruttato ampiamente dai costruttori.
LA LEVA DELLE RISORSE ECONOMICHE
Infine c'è da affrontare la questione monetaria: le leggi spesso sanciscono dei criteri di tutela del territorio, per poterlo fare però il Comune deve disporre di strumenti e risorse economiche ed attingere alle proprie casse; questo negli ultimi anni è diventato sempre più difficile a causa della crisi economica, la riduzione dei finanziamenti statali e l'obbligo del pareggio di bilancio per gli enti pubblici. Ciò ha fatto sì che oggi nel nostro Paese abbiamo molte leggi che rimangono inapplicate in quanto i Comuni non hanno più le risorse per poterle attuare.
Per far fronte a queste difficoltà si è pensato bene di svendere il patrimonio pubblico e con esso il territorio concedendo permessi edilizi al fine di incassare gli oneri di urbanizzazione: una pratica scellerata che ha visto la realizzazione di brutture urbanistiche in tutta Italia.