Gestione delle Acque


PERCHE' UN FOCUS SULLE ACQUE?

Come tutti sappiamo, Milano è una città fortemente urbanizzata, nei secoli si sono sviluppate numerose imprese artigianali, poi industrie, ora imprese di servizi di vario genere; ci sono regole ben precise per lo sviluppo urbanistico, dei mezzi pubblici e della viabilità, dei servizi offerti al cittadino; manca però la consapevolezza di una sana gestione delle acque: i corsi d'acqua di superficie, quelli sotterranei, le acque reflue domestiche e industriali, le acque piovane.
Ovviamente è un settore già normato, ma può accadere che alcune amministrazioni deroghino alcune norme per cui non sono previste sanzioni e le conseguenze disastrose spesso le paga la collettività.

Tutte le volte che un'amministrazione decide di dare una concessione d'uso per l'utilizzo del suolo questo genera conseguenze (positive o negative) che si ripercuotono sull'ambiente circostante; preservare la qualità del suolo e dei corpi idrici che lo attraversano vuol dire preservare la salubrità di tutta l'area urbana.  Ogni volta che i corsi d'acqua invadono e devastano il territorio urbano vuol dire che l'autorità preposta non ha valutato il rischio che si verificasse quell'evento; oppure ha valutato che era più conveniente che l'evento si verificasse, scaricando i suoi effetti sulla popolazione, piuttosto che prevenire i rischi e fare investimenti affinché non accadano in futuro.



LA RESILIENZA


La resilienza è la capacità di un individuo o di un gruppo di superare un trauma.
Una serie di eventi disastrosi che periodicamente colpiscono un quartiere non possono essere rimossi, come se non fossero mai accaduti; non possono venire classificati come calamità naturali e dunque si dice che non si può fare prevenzione; non si possono prendere misure sporadiche, non strutturate, che non influiscono su tutto il sistema urbano in cui si inserisce il quartiere.

Ogni evento che causa un danno collettivo produce degli umori su un quartiere e bisogna chiedersi: quanto è resiliente la popolazione?  Ovvero: siamo capaci di assorbire il danno?  Siamo capaci di elaborarlo, metabolizzarlo, pensare a possibili alternative per non ricaderci di nuovo?  Riusciamo a reagire oppure ci limitiamo a sperare che non accada più?  Prendiamo iniziativa o pensiamo che lo faccia qualcun altro?  Riusciamo a far sentire la nostra voce presso le autorità preposte?  Quanto crediamo nelle istituzioni che dovrebbero tutelarci?



IL BACINO IDRICO MILANESE


Il territorio milanese è attraversato da 3 fiumi: Lambro, Seveso e Olona, ritenuti tra i più inquinati d'Europa in quanto le industrie usano le acque per i loro cicli di produzione oppure per scaricare alcune tipologie di rifiuti il cui smaltimento è molto oneroso; ci sono poi torrenti minori che attraversano il Parco delle Groane.
Abbiamo poi i Navigli che rappresentano forse la più antica opera infrastrutturale realizzata in Lombardia, usati sia per irrigazione sia per il trasporto; i navigli sono: il Grande, il Pavese, la Martesana e più a nord il Villoresi; abbiamo poi 2 grossi bacini: la Darsena e l'Idroscalo.
A nord si trova il Canale Scolmatore di NordOvest che serve a far defluire le acque in eccesso durante le piene.
Il bacino è delimitato 20 km a est dal fiume Adda e 25 km a ovest dal Ticino.

Abbiamo 2 canali artificiali anche nel sottosuolo che sono il Redefossi e la Vettabbia ai quali si aggiungono rogge e fontanili che un tempo scorrevano in superficie e che negli ultimi decenni sono stati coperti e tombinati e che tuttora affiorano in alcuni quartieri.
Ma più importante, nel sottosuolo scorrono le acque di falda ad una profondità di circa 30 metri, ma in alcuni tratti essa può affiorare anche a 6 o 7 metri dal suolo; fino a qualche decennio fa si registrava la presenza di numerose industrie ed attività agricole in prossimità del territorio urbano, queste pescavano enormi quantità d'acqua dalla falda e ciò permetteva che il livello della falda si mantenesse sempre in profondità.  La chiusura di molte aziende energivore e idrovore e la riduzione delle attività agroalimentari hanno fatto sì che si riducesse drasticamente il pescaggio dalla falda e dunque oggi succede che in alcuni punti essa la si può trovare già a 5 metri sotto il suolo; ovviamente questo causa non pochi problemi alla gestione del territorio.



PIANIFICAZIONE URBANA


Tra gli strumenti urbanistici di pianificazione e progettazione si rende necessario produrre una descrizione sintetica dei corpi acquiferi presenti sul territorio e della vegetazione con la la quale sono interconnessi; bisogna riportare sulle mappe l'indicazione della capacità drenante del suolo di modo che si possa individuare rapidamente un'area ad alta permeabilità o una totalmente impermeabilizzata.  Si dovrebbe poi consentire la massima fruizione ambientale possibile in prossimità degli acquiferi in quanto sono risorse fondamentali per i cittadini.
Tra le aree dismesse bisognerebbe individuare quelle in cui sarebbe necessaria una ri-permealizzazione o per raccogliere le acque meteoriche.

Attuando tutto ciò diverrebbe obbligatorio affiancare agli urbanisti alcuni esperti di idrogeologia per poter affrontare le criticità a cui vanno incontro i corsi d'acqua; contemporaneamente oltre a sviluppare nelle istituzioni le doverose competenze sopraelencate, va stimolata la sensibilità dei cittadini a prendersi cura del territorio in cui vivono con specifici programmi di partecipazione.
Nelle aree pedonali si dovrebbe usare quanto più possibile materiali drenanti o filtranti al fine di rallentare il deflusso delle acque piovane verso i canali di collettamento.

Allorché si verifichino ampi cantieri di urbanizzazione di un'area i provvedimenti ambientali compensativi devono puntare ad un incremento della naturalità rispetto alla condizione pregressa.